Oggi vi parlo un pò di Pentedattilo, ossia l'ultimo posto che io e Vic abbiamo visitato qui in Calabria,
e di un artista famoso che lo visitò e fece queste illustrazioni:
Maurits Cornelis Escher (Leeuwarden, 17 giugno 1898 – Laren, 27 marzo 1972), incisore e grafico olandese, è conosciuto principalmente per le sue incisioni su legno, litografie e mezzetinte che tendono a presentare costruzioni impossibili, esplorazioni dell'infinito, tassellature del piano e dello spazio e motivi a geometrie interconnesse che cambiano gradualmente in forme via via differenti. Le opere di Escher sono molto amate da logici, matematici e fisici, che apprezzano il suo uso razionale di poliedri, distorsioni geometriche ed interpretazioni originali di concetti appartenenti alla scienza, sovente per ottenere effetti paradossali.
In Calabria Escher viaggiò in lungo e in largo insieme a Robert Shiess e a Jean Rousset, compagni di un discreto spessore culturale. Visitarono Pizzo, Tropea, Pentedattilo, Fiumara, Santa Severina, Rossano, Stilo, Crotone, Scilla, Mèlito, Palizzi, Rocca Imperiale, Morano. Ovunque andarono i tre amici non sempre ricevettero una accoglienza di immediata ospitalità. In ogni luogo dove sostarono riuscirono, comunque, ad accattivarsi la simpatia della gente. Si racconta che alla stazione ferroviaria di Spezzano Albanese il suono della cetra tirolese di Jean Rousset attirò l’attenzione di alcuni cittadini e quella del capostazione. Costui fu talmente preso dalla musica e dalla danza che aveva improvvisato che dimenticò di dare il segnale per la partenza del treno se non con molto ritardo.
Dell’indimenticabile esperienza l’artista rese testimonianza in un articolo pubblicato sul De Goene Amsterdammer del 23 aprile 1932: “gli sconosciuti paesini del desolato entroterra calabro sono collegati alla ferrovia che corre lungo la costa solo attraverso una mulattiera. Chi vuole recarvisi deve andarci a piedi, se non ha a disposizione un mulo”. Alle impressioni di viaggio, unì il ricordo dei pasti frugali a base di miele, formaggio, pane duro ammollato nel latte di capra. Era la primavera del 1930.
Noi nel 2015 ci siamo aggirati curiosi per le antiche stradine del borgo fantasma, entrando nelle case disabitate e nelle piccole botteghe che sono state aperte solo da qualche anno, osservando le cinque dita di roccia ( che danno il nome al paese ) incombere su di noi. Motivi per restare affascinati da questo luogo ce ne sono parecchi, tra cui la strage che vide protagoniste le due famiglie nobili del luogo nel 1686 per motivi passionali. Del castello della famiglia Alberti, rimangono solo poche mura dello stesso colore della roccia, che ormai scoperchiate, guardano il vuoto.