Di ritorno dall' India,
tutto sembra molto più silenzioso e stranamente poco colorato.
Tutto è tranquillo e il viaggio mi sembra simile ad un sogno,
ma non è stato un sogno vivere l' intensissima vita di Varanasi per 50 giorni,
all'inizio con qualche difficoltà e poi sempre con maggior disinvoltura e gioia,
fino a sentire che la città di Shiva è diventata anche un pò la tua città,
che è normale accarezzare le mucche sulla testa per strada, mettersi in fronte un bindi prima di uscire intonato ai colori dei tuoi vestiti, scappare dalle scimmie che si azzuffano con i cani,
passeggiare sui ghats magari da Munshi fino ad Assi, prendere la barca (un'ora di navigazione sulla Ganga) o il tuc tuc (mezz'ora nel traffico indiano) quasi tutte le mattine per raggiungere la scuola, masticare paan dolce, mangiare samosa, e bere lassi.
Andare alla Puja quasi tutte le sere e conoscere ormai i canti e i volti dei giovani bramini, fare chiaccherate surreali con i Sadhu, incantarsi per ore davanti ai colori sgargianti di un tempio, osservare tutti i giorni per un attimo la statua di Kali dove inizia il mercato delle verdure, fare la spesa comprando okra e paneer e qualche volta la pasta da cucinare per tutti.
Restare alla Kautilya più a lungo di tutti e conoscere moltissime persone. Vederle arrivare e poi partire una dopo l'altra. Ho tanti bellissimi ricordi di questi viaggiatori, come ad esempio della danzatrice di Kathak che ci ha lasciato dei doni prima di partire, e di cui non conosciamo neppure il nome.
Sentire che la città di Shiva ti ha accolto e non ti ha fatto fuggire non ti fa rimpiangere di non aver girato di più, ma ti fa capire che altrimenti una certa trasformazione forse non sarebbe avvenuta.
Ci sarebbero così tante cose da scrivere e raccontare ma forse sono troppe e non riesco a stargli dietro, si srotolano dentro di me e sono un groviglio di colori, sensazioni,emozioni,ricordi,profumi,sapori e pensieri.
Ma il mio diario di viaggio che all'inizio era vuoto e bianco adesso quasi non si chiude.
Ad alcuni lo farò leggere se vorranno, lì c'è davvero tutta la storia.
Per ora lascio parlare un pò le immagini, e ringrazio ancora e ancora il Cosmo tutto per quest'esperienza così intensa e così bella, per avermi fatto conoscere un luogo tanto affascinante che sognavo da piccola.
Per aver fatto in modo che i miei sensi venissero incendiati e travolti da questa terra di bellezza e bruttezza estrema, dove vita e morte si tengono per mano e danzano la trasformazione, proprio come fa Shiva, e dove puoi vedere con i tuoi occhi un corpo ardere e trasformarsi in cenere e poco più in là i bambini che giocano a ricorrere gli aquiloni.
Il mio pensiero più intenso va infine a loro:
le meravigliose, fortissime donne che hanno lavorato con noi,
aprendosi pian piano come fiori, raccontandosi tra un punto e l'altro,
a volte cantando e danzando, parlando e ridendo.
Il tempo con loro è stato il tempo migliore, quello che più di tutto ci ha insegnato,
ricorderò per sempre il nostro ultimo incontro tra risate qualche lacrima e fiori tra i capelli, quando ci hanno vestite con il sari e truccate come bambole, dandoci anche un nome hindi.
Il mio nome indiano è Kumud, come il fiore di loto.
Adesso abbiamo riportato tutto a casa ( più di 120 splendidi ricami già finiti ) ma il lavoro continua, per portare altri sorrisi sui volti di queste bellissime donne e far viaggiare la loro storia.