Scrivo finalmente, e lo faccio dal mio nido sul tetto, la mia piccola soffitta in questo piccolo paesino di 250 anime, quasi tutte imparentate. Scrivo tra tegole rosse macchiate di licheni e il riflesso delle finestre illuminate della chiesa. La minuscola piazza, palcoscenico di matrimoni e funerali è lì di fronte. " A ruga da cresia" come dicono in dialetto, che è imparentato anche lui con il grecanico.
Accompagnati da un vento fortissimo che quasi spostava il nostro vecchio camper,
abbiamo trovato la via del ritorno anche stavolta.
Abbiamo rivisto il mare e incontrato di nuovo gli occhi dei nostri cari,
la gatta dal pelo marmorizzato che avevamo accudito, curato e adottato ( o forse solo pensato e creduto di adottare ) una volta riviste le stradine natie, ci ha ringraziato di cuore preferendo tornare alla sua vita randagia, e ha fatto perdere ogni traccia di sè.
Ieri è stata una giornata di pioggia e vento, un vento forte di Scirocco che faceva vibrare i vetri e ululava tra le lamiere dei terrazzini, incessantemente, buttando l'acqua a secchiate sulle facciate delle case.
Ha anche piovuto con il sole, come per un matrimonio di volpi.
Oggi il cielo era ancora coperto di nubi, ma meno lacrimoso e sopratutto, il vento è caduto.
Così mi sono spinta sotto al paese, lì dove si trovano orti e giardini e dove scorre veloce la fiumara che in questa stagione è ricca di acqua e di voce, a differenza di com'è in estate quando tutto è secco e riarso, la terra si crepa,e il verbasco innalza i suoi fiori gialli sui lunghissimi steli.
Dopo aver salutato una vecchia amica dalle orecchie tonde e il muso sporgente
sono poi risalita fino all'antica grotta del Santo eremita Arsenio, un basiliano vissuto nel IX secolo, e che alla tenera età di quindici anni si dedicò ad un rigido misticismo, secondo le regole degli asceti greci di Calabria, e diventò monaco. Come ogni trickster che si rispetti, ho ignorato e aggirato il divieto, ossia la corda tesa all'ingresso della spelonca per proteggere il luogo sacro dall'invadenza dei visitatori estivi, e mi sono seduta all'interno, su uno spuntone di pietra levigato dal tempo e dal mare di milioni di anni fa.
Ogni volta che mi trovo in quel luogo, mi ritrovo a immaginare e a cercare di indovinare dove questo sant'uomo e il suo discepolo e bios Elia lo speleota, tenessero i loro giacigli, o in quale punto veniva acceso il fuoco. Provo a immaginare come doveva essere la notte, e mi piace pensare che quella fessura di roccia e i profili delle colline al di fuori, più antiche sia di me che di loro,siano gli stessi che anch'essi guardavano.
Ho tracciato il simbolo di protezione Zui-un verso le quattro direzioni intorno a me e sono rimasta lì un pò a meditare e a concedermi un buon auto-trattamento Reiki. Attorno a me la quiete del dolce inverno mediterraneo e il via vai di codirossi e pettirossi con il loro cinguettio a intermittenza, e dentro di me un gran senso di pace, comunione con la terra, e gratitudine...quanto è lontano tutto questo dalla frenesia del moderno Natale. Quanta ricchezza inestimabile è racchiusa nella semplicità.
Il santo eremita lo sapeva bene, e spero non se ne abbia a male se ogni tanto anche io trovo rifugio nella sua grotta. Quando sono uscita da lì, la luce ha colpito un poco i miei occhi e ho ripreso il sentiero per il paese, incontrando vecchi muri disabitati fatta eccezione per qualche fantasma, e fiori di borragine del blu più splendente.
E per finire in bellezza le giornate del mio ritorno e non perdere l'atmosfera, non posso mai mancare l'appuntamento delle 23:40 con Ombre radio e l'amata voce di Vinicio Capossela: Per parlare con le ombre del regno dei morti a Ulisse viene detto di scavare la terra e offrire del sangue.
Da quel sangue prende corpo la voce, la voce di un ombra, Tiresia, e la divinazione e la conoscenza…Restiamo al riparo dalla conoscenza fino a che non chiediamo, ma non dopo.
Queste puntate sono una specie di viaggio tra le ombre della "stagione intercalare”, la strettoia di clessidra in cui passa l’anno. Sono ombre dei morti, che parlano a mezzo di un sacrificio .. abbiamo sacrificato, sottratto all’uso, intere parti di noi, sedimentate però nell’inconscio collettivo dove ancora abita il licantropo, il mannaro, Erode, il pastore, la stella, gli animali parlanti, tutto quello che da una forma e una misura alla nostra angoscia della presenza sulla terra....