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martedì 28 febbraio 2017

Compleanno di fuoco


Quest'anno il mio compleanno combacia, oltre che con il Kalevan päivä, il giorno in cui la Finlandia festeggia il proprio poema epico nazionale e la propria mitologia, con il Martedì grasso, la fine del Carnevale e con il falò di Pescarolo, per l'esattezza il 351esimo!
Non avrei potuto festeggiare in modo migliore, e sì...ho fatto i tre giri rituali, in senso antiorario tra le scintille e le braci anche perchè un pizzico di fortuna in questo periodo di cambiamenti, è certamente gradito!
Grazie a tutti gli amici che sono venuti a trovarmi e si sono gioiosamente affumicati con me, e anche a chi era lontano ma comunque presente!









Questi sono alcuni dei regalini che ho ricevuto, oggettini e immagini. Il dono più atteso è in viaggio e ve lo svelerò quando finalmente arriverà.....

mercoledì 8 febbraio 2017

Rosso Febbraio





Un Febbraio di fuoco e fiammelle,
di spire serpentine e risate amorevolmente beffarde,
di richiami,
di sincronicità e ricerca,
di ritrovamenti e appartenenza,
di ordine profondo nel disordine superficiale,
di voglia di primavera,
di cambiamento imminente e colori...




giovedì 2 febbraio 2017

Zampiglia Zamprove

Zampiglia prende forma.
Nella mia mente, dove sono più chiare le sue caratteristiche, e nel mondo"fuori" attraverso i materiali che sto raccogliendo....strumenti musicali coloratissimi e robusti pensati apposta per i bambini, un copricapo di piume, un carillon a forma di volpe, una pallina-sonaglio di gomma, un kazoo, un guanto-zampa pelouche, bolle di sapone......un intero mondo di suoni dolci e buffonerie.
Sicuramente Zampiglia è un clown Augusto e pasticcione, e sicuramente è anche lei come me, un trickster.
Zampiglia è sì un clown, ma è un clown un pò stregone e primitivo!
La domanda che mi sono fatta quindi è la seguente: come e con quali materiali sicuri, materiali che possano entrare in un ospedale,posso darle vita?
In quale borsa metterò il tutto?
Come mi truccherò eventualmente il volto?
Sto facendo le prime prove, e questo è il risultato. 
Devo dire che vedere Zampiglia prendere forma mi esalta non poco.....

Parte dell'armamentario

Facce buffe

La strega dei boschi


Simona Kossak (1943 – 2007), polacca, era una scienziata, un’ecologista che ha lottato per la protezione delle più antiche foreste d’Europa, una documentarista pluripremiata e una conduttrice radiofonica, nonché una zoopsicologa. Per più di trent’anni ha vissuto in una capanna nella foresta di Białowieża, senza elettricità o accesso all’acqua corrente. La chiamavano strega, perché parlava con gli animali, aveva allestito un rifugio per loro e uno studio veterinario per curarli: una lince dormiva nel suo letto e una femmina di cinghiale, Żabka, visse con lei per 17 anni; allevò una cucciolata di cervi che la ritenevano la loro madre e strinse amicizia con il famoso corvo-terrorista che faceva dispetti a tutto il mondo, fuorché a lei.

I brani seguenti sono tratti dal libro di Anna Kamińska “Simona. Opowieść o niezwyczajnym życiu Simony Kossak”, uscito nel luglio 2015. Le immagini sono di Lech Wilczek.

“La gente chiamava il corvo un villano domestico e un ladro. Terrorizzò metà dell’area di Białowieża. Rubava pacchetti di sigarette, spazzole per capelli, forbici, arnesi da taglio, trappole per topi e blocchetti per appunti. Attaccava i ciclisti e quando cadevano faceva a pezzi i sedili delle biciclette. Rubava le salsicce ai taglialegna nei boschi e faceva buchi nelle borse delle spesa. La gente pensava che Korasek – perché così si chiamava – fosse una forma di castigo per i peccatori.” Agli amici di Simona rubò di tutto, chiavi della macchina, documenti, eccetera ma bastava promettergli un uovo e insistere un po’ e Korasek, anche se di malavoglia e con ben poca grazia, restituiva il bottino.


“Simona raccontò: Un giorno i cervi, che avevo allevato con il biberon e che per molti anni mi seguirono nei boschi, manifestarono segni di paura e non vollero entrare nella foresta a pascolare. Come mi ci diressi io si fermarono, le orecchie rizzate e il pelo diritto sul fondoschiena. In apparenza doveva esserci qualcosa di assai minaccioso nella foresta. Attraversai metà dello spazio aperto e mi fermai, perché i cervi stavano producendo un terribile coro di latrati alle mie spalle. Mi voltai e ce n’erano cinque, rigidi sulle zampe, che mi guardavano e chiamavano: Non andare, non andare, c’è la morte laggiù! Devo ammetterlo, restai di stucco ma alla fine andai. E trovai che c’erano tracce di una lince, una lince aveva attraversato la foresta. Trovai le sue feci più avanti. Cos’era successo? Un carnivoro era entrato nella fattoria, i cervi lo avevano notato ed erano spaventati. Poi hanno visto la loro “madre” andare verso la morte, completamente inconsapevole, e dovevano avvisarla – per me, lo dico onestamente, quel giorno fu una conquista. Avevo attraversato il confine che ci divide dagli animali, un muro che non sembrava possibile abbattere. Se mi avevano avvisata voleva dire una sola cosa: sei un membro del branco, non vogliamo che tu sia ferita. Ho rivissuto questo momento molte volte e persino oggi, quando ci penso, provo un senso di calore al cuore.” La madre cerva si era avvicinata alla capanna, aveva accettato lo zucchero offertole da Simona e poi aveva partorito i suoi cuccioli in quel luogo ospitale.


“Con il tempo, altri animali apparvero nel rifugio di Simona accanto alla casa. Una cicogna nera per cui Simona allestì un nido nella propria stanza, un bassotto e una lince femmina che dormivano con lei, pavoni. Li curava, li abbracciava, li osservava. Allevò due alci orfani. Portava il ratto femmina Kanalia nella manica, perché la bestiola temeva gli spazi aperti. Ospitava i grilli in un contenitore di vetro. Prediceva che tempo avrebbe fatto studiando i pipistrelli che abitavano in cantina. Il serraglio aumentava ogni anno.”

“Nell’inverno del 1993, Simona cominciò la sua battaglia per salvare linci e lupi di Białowieża dall’estinzione. I ricercatori dell’Accademia polacca delle Scienze avevano in mente di effettuare studi telemetrici, mettendo collari con trasmettitori radio agli animali. Ma prima dovevano catturarli. Si scoprì che i ricercatori avevano messo trappole per lupi e linci, del tipo proibito dalla legge polacca. Simona Kossak mostrò ai giornalisti ciò che aveva trovato nei boschi: pesanti ganasce metalliche. Ci volevano due uomini per aprirle. Poco dopo la denuncia di Simona e la rimozione delle trappole, un branco di lupi si avvicinò alla sua casa nella foresta, ululando tremendamente. “E’ stato un inno di gratitudine per aver salvato le loro vite. – disse l’ecologista ai giornalisti – I lupi non si avvicinano mai agli edifici se possono evitarlo, sono troppo spaventosi per loro. Forse hanno percepito l’aura amichevole che emana dalla capanna.” Maria G. Di Rienzo

mercoledì 1 febbraio 2017

Baubo la Dea panciuta



" Demetra, la dea madre della terra, aveva una bellissima figlia di nome Persefone, che un giorno giocava all'aperto. Persefone vide ad un tratto un fiore particolarmente bello e allungò le mani per coglierlo. D'improvviso la terra si mise a tremare e si aprì una profonda voragine. Dalle profondità della terra emerse Ade, il dio degli Inferi. Alto e possente, stava ritto su un carro nero tirato da quattro cavalli del colore dei fantasmi.
Ade rapì Persefone sul suo carro e lanciò i cavalli nelle profondità della terra. Le urla di Persefone si fecero sempre più flebili a mano a mano che si richiudeva la voragine della terra, come se nulla fosse mai accaduto. Sulla terra regnò il silenzio e si diffuse il profumo dei fiori calpestati. E la voce della fanciulla risuonò attraverso le pietre delle montagne, gorgogliò tra le onde del mare. Demetra udì le pietre urlare. Udì le acque urlare. Strappandosi il serto dalla chioma immortale, spogliandosi degli scuri veli, prese a volare sulla terra come un grande uccello, alla ricerca di sua figlia, chiamandola a gran voce. 
Quella notte una vecchia seduta al limitare di una caverna disse di aver udito tre grida quel giorno: una era una giovane voce che urlava di terrore, l'altra chiamava lamentosamente e la terza era di una madre in lacrime.
Persefone non si ritrovava e iniziò così la lunga folle ricerca di Demetra della figlia tanto amata. Demetra s'infuriò, pianse, urlò, cercò indizi e frugò dentro, sotto, sopra ogni rialzo della terra, implorò compassione, implorò la morte, ma non riuscì a trovare l'amata figlia. Allora, lei che aveva fatto crescere ogni cosa per l'eternità, maledisse tutti i campi fertili del mondo. Per via della maledizione di Demetra, nessun bambino poteva nascere, non poteva crescere il grano per il nutrimento, né potevano sbocciare fiori per le feste o crescere rami d'albero per i morti. Tutto era appassito e inaridito sulla terra riarsa.
Demetra non si era più bagnata, e le sue vesti erano tutte infangate e i capelli arruffati. Nel suo cuore la pena vacillava, ma non si sarebbe arresa. Dopo tante domande, preghiere, avventure che non avevano portato a nulla, cadde infine accanto ad un pozzo in un villaggio in cui nessuno la conosceva. E appoggiò il corpo dolente contro la pietra fredda del pozzo, e in quel mentre sopraggiunse una donna, o piuttosto una specie di donna. E questa donna si mise a danzare di fronte a Demetra dimenando i fianchi in un modo che ricordava il rapporto sessuale, e scuotendo i seni nella danza. E vedendola Demetra non poté trattenere un lieve sorriso. La femmina ballerina era davvero magica, perché non aveva testa, e i capezzoli erano i suoi occhi e la vagina la sua bocca. Con questa amabile bocca prese a intrattenere Demetra con storielle piccanti. Demetra cominciò a sorridere, poi ridacchiò, poi esplose in una fragorosa risata. E insieme risero le due donne, la piccola Baubo e la potente Demetra.
E fu proprio questo riso che trasse Demetra dalla depressione e le diede l'energia necessaria per continuare la ricerca della figlia; con l'aiuto di Baubo, della vecchia Ecate e di Elio, il Sole, la ricerca ebbe buon esito Persefone fu restituita alla madre. Il mondo, la terra e il ventre delle donne ripresero a fiorire....

C'è un aspetto femminile che è una sorta di fuoco sotterraneo che a volte divampa, talaltra lentamente brucia, ciclicamente. Uno stato di intensa consapevolezza sensoriale che include la sessualità, ma non si limita ad essa. Nelle antiche culture matriarcali esistevano delle dee dell'oscenità. L'osceno non è affatto volgare, ma assomiglia piuttosto ad una creatura fantastica che vorreste avere tra le vostre migliori amiche. Nel riso la donna può cominciare a respirare davvero, a sentire sensazioni di apertura alle lacrime trattenute o a memorie dimenticate, o l'apertura delle catene messe alla personalità sessuale. Queste dee allentano ciò che è troppo stretto, bandiscono la malinconia, mantengono liberi i passaggi. 
Una di queste dee è Baubo. Discende dalle dee panciute neolitiche, misteriose figure senza testa. Sono i talismani del potere femminile. E il riso che scuote il ventre è una delle migliori medicine che una donna possa ricevere.
L'energia maschile è bella, addirittura sontuosa, grandiosa, ma a volte è come mangiare troppi cioccolatini. Di tanto in tanto è bello mangiare solo riso bianco e bere brodo leggero. Di tanto in tanto è bello vivere un'atmosfera squisitamente femminile, in solitudine o in compagnia.
Un po' di oscenità aiuta a vincere la depressione. Certe risate, provocate da vecchie storie che le donne si raccontano, rimescolano la libido, riattizzano il fuoco dell'interesse alla vita. 
Gli scherzi e il riso delle donne sono un'ottima medicina per i tempi duri, un corroborante nella convalescenza. Quando il riso rende le persone contente di essere al mondo, più consapevoli dell'amore e dell'eros, quando allevia la tristezza e vince la collera, allora è sacro."

 - C.P. Estès , Donne che corrono coi lupi -