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mercoledì 10 febbraio 2016

Il 350° falò di Pescarolo

Un rito antichissimo che si ripete ogni anno in un paesino della campagna cremonese. Alla fine dell'inverno, l'ultimo giorno di carnevale, a Pescarolo, al suono dell'Ave Maria, alle otto di sera, la piazza del paese s'illumina di un altissimo fuoco che supera i tetti delle case e compete col campanile della chiesa.
Il rito inizia la domenica precedente il martedì grasso, sradicando il più alto tra gli alberi dei campi circostanti. Il giorno successivo il grande albero fa il giro di tutte le strade del paese, portato quasi in processione da un grande seguito di persone, e poi issato al centro della piazza, sul fianco della chiesa, circondato da un'enorme catasta che lo aiuterà ad ardere per tutta la notte.
Quando finalmente tutto il legno prende fuoco e le fiamme si alzano altissime, un calore fortissimo sembra bruciare anche la faccia di chi intona i canti, mentre gli altri camminano intorno al fuoco compiendo i tre giri rituali, in senso antiorario, tra le scintille e le braci. Così diverso da quello nelle città, il carnevale qui in campagna si chiude così, tra il religioso e il pagano: la celebrazione collettiva di un rito necessario a risvegliare il sole per garantire il buon esito dell'intera annata.






E così ieri sera il grande falò ha sfidato la pioggia e illuminato la campagna.
Ero circondata da amici provenienti dai miei passati più diversi, e mi ha fatto particolarmente piacere mostrare a Victor una tradizione tanto particolare e potente.
Tutti insieme abbiamo fatto i tre giri rituali attorno al fuoco che ci ha tirato la pelle del viso,
abbiamo bevuto un bicchiere di vin brulè e chiaccherato,
 ho anche affidato una lettera alle fiamme, che avevo scritto apposta nel pomeriggio utilizzando un foglio disegnato.






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